PresidenteRiflessione

Considerazioni sul dopo Firenze

In Gesù Cristo il nuovo umanesimo – Considerazioni sul dopo Firenze

“«Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17). Nella luce di questo Giudice di misericordia, le nostre ginocchia si WP_20151109_004piegano in adorazione, e le nostre mani e i nostri piedi si rinvigoriscono. Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche di quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Gesù. Il volto è l’immagine della sua trascendenza. È il misericordiae vultus. Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15).” (Dal discorso di Papa Francesco ai delegati al Convegno Ecclesiale Nazionale Firenze 10 novembre 2015)

In quale grande momento storico ci troviamo? Quanto forte e dirompente è la parola del Papa rispetto ad un tempo segnato dalle fatiche, dalla tristezza e dalla disperazione? Non esistono le mezze misure, non è tempo di andare incontro a sonnacchiosi effetti di moderazione, “non possiamo addomesticare la potenza del volto di Gesù”. Il Vangelo induce a compiere scelte forti e concrete ed il Papa lo ricorda ogni volta che parla dell’uomo coniugando con esso il verbo “uscire”. Interrogarsi sul volto di Gesù è lo sforzo che dobbiamo compiere per accogliere e trasfigurare la nostra vita di credenti ed andare incontro all’altro nel nome di Gesù.

La Chiesa al tempo di Papa Francesco non può accettare lo sguardo sull’uomo senza entrare nel mistero del Dio che si è fatto uomo per guardarci con occhi di uomo. “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (cfr. Gv 1, 1-18).

WP_20151113_002Il Convegno di Firenze ha tracciato una strada chiara nel nostro cammino di Chiesa per i prossimi dieci anni. Ha offerto a tutti i cristiani battezzati in Cristo la possibilità di riscoprire il senso della vita e di farlo proprio in questo tempo martoriato dall’insicurezza, dalla precarietà. Non ci sono alternative: bisogna uscire insieme da quel torpore nel quale le tentazioni del “pelagianesimo” e dello “gnosticismo” portano la Chiesa e rimanere chiusa nei vincoli della struttura, delle pianificazioni perfette – costi quel che costi – e in quella «fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti» (Evangelii gaudium, 94).

Le riflessioni e le proposte di una Chiesa italiana ancora viva arrivano dal lavoro dei delegati al Convegno ecclesiale di Firenze. Intorno ad un tavolo rotondo riuniti a gruppi di dieci hanno dialogato laici, sacerdoti, vescovi, religiosi e religiose provenienti da tutte le diocesi d’Italia, parlando la stessa lingua del Vangelo che non conosce tramonto. In uno stile sinodale, all’insegna della concretezza, del confrontarsi insieme sulle questioni che animano le nostre comunità e delle prospettive per affrontarle. Confronto, dialogo, comunione, speranza sono state le parole chiave che hanno risuonato nelle sale della Fortezza da Basso a Firenze dove il Convegno ha celebrato i suoi momenti più significativi, nei giorni successivi all’abbraccio con il Santo Padre vissuto il 10 novembre.WP_20151113_005

Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso.” Dice papa Francesco nel discorso ai delegati, ai quali ha presentato con semplicità alcuni tratti dell’umanesimo cristiano che è quello dei «sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2,5). Umiltà, disinteresse, beatitudine: “una Chiesa che presenta questi tre tratti è una Chiesa che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente. L’ho detto più volte e lo ripeto ancora oggi a voi: «preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti» (Evangelii gaudium, 49).”

Ecco perché non possono esserci mezze misure nel dopo Firenze: per andare incontro all’uomo bisogna andarci insieme! Questo è il messaggio chiaro, l’appello che lancia la Chiesa italiana dal Convegno di Firenze.

Nell’ultimo giorno del Convegno, delineando le prospettive del dopo Firenze, così conclude il suo discorso il Card. Bagnasco: “È significativo pensare che il percorso del Convegno continua nell’imminente Anno Santo di quella Misericordia, che altro non è che il nome dell’amore che Dio ha per noi: amore nella forma della fedeltà assoluta, che genera in noi stabilità, sicurezza e fiducia in qualunque situazione ci troviamo. La misericordia è la via attraverso la quale l’amore del Signore si rivela e raggiunge il mondo ferito, avvolgendolo con tenerezza che consola e rigenerando – qual grembo materno – a nuova vita. In fondo, è l’amore misericordioso che genera la Chiesa e che ci porta a camminare insieme. L’assunzione di uno stile sinodale – perché giunga ad avviare processi – richiede precisi atteggiamenti, che dicono anzitutto il nostro modo di porci di fronte al volto dell’altro, e indicano nella prospettiva della relazione e dell’incontro la strada di una continua umanizzazione.” (Card. Bagnasco – Prospettive del Convegno ecclesiale di Firenze)

IMG-20151110-WA0005L’Azione cattolica dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano ha voglia di percorrere ancora le strade della Chiesa e dell’uomo, accettando le sfide nuove che il nostro tempo e le nostre città ci pongono dinanzi. Non vogliamo costruire muri né frontiere ma abitare “piazze e ospedali da campo” dove abbracciare tutti quelli che incontreremo, nessuno escluso. Ma dobbiamo farlo insieme!

Giuseppe Schiumerini