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La scuola ci sta a cuore

«Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande: I CARE. Me ne importa, mi sta a cuore». Lo scrissero don Milani e i ragazzi di Barbiana in Lettera a una professoressa. Lo ribadisce, oggi, l’Azione Cattolica.

“La scuola ci sta a cuore” è il contributo che la Presidenza nazionale di AC consegna al Governo nell’ambito della consultazione pubblica sul documento “La buona scuola”. Vi ha lavorato una commissione formata da consiglieri nazionali dei vari Settori e da membri dei Movimenti Studenti (MSAC), Lavoratori (MLAC) e Impegno Educativo (MIEAC).

“La scuola ci sta a cuore” delinea prima di tutto un orizzonte pedagogico. La scuola deve essere “comunità educante”, in cui «si esercita la corresponsabilità» e l’istruzione viene trasmessa con «l’acquisizione di conoscenze e competenze». Il che significa, concretamente, rompere gli argini di una didattica spesso frontale; valorizzare modalità di apprendimento laboratoriali e di gruppo; includere il territorio e le famiglie con un potenziamento delle forme di partecipazione. Ancor prima, però, la scuola–“comunità educante” deve essere aperta a tutti: urge così intervenire sul diritto allo studio. Bisogna fissare a livello nazionale i criteri minimi di assistenza ai «privi di mezzi» (Costituzione, art. 34), mentre oggi tale competenza è affidata alle Regioni (con ovvi squilibri). Ancora, la scuola «di tutti e ciascuno» accompagna il percorso educativo nella sua interezza: l’AC chiede che anche la scuola dell’infanzia (o almeno l’ultimo anno di materna) diventi obbligatoria, poiché si tratta un tempo cruciale per la maturazione dei bambini. Così come l’obbligo formativo andrebbe esteso fino ai 18 anni, anche in presenza di esperienze professionalizzanti. Il nesso tra formazione e mondo del lavoro, certo, va ripensato: è allora importante che i momenti di stage e alternanza scuola/lavoro delle superiori siano ben delineati in un “patto a tre” tra scuole, imprese e studenti/famiglie, con l’adozione di uno “Statuto degli studenti in stage”.

Un punto della proposta del Governo che fa molto discutere riguarda il sistema di valutazione e retribuzione dei docenti. L’AC prende posizione contro un sistema premiale che, nell’ottica di smascherare gli insegnanti inefficienti, andrebbe a inserire dinamiche competitive improprie alla scuola. Il Governo, infatti, propone di premiare con gli scatti stipendiali solo i 2/3 dei docenti riconosciuti meritevoli: ciò appare molto pericoloso, poiché minerebbe la logica di lavoro cooperativo che in una “comunità educante” vede il corpo docente unito nella ricerca del “successo formativo” per gli alunni.

Nel documento “La buona scuola”, il Governo offre una razionalizzazione che renda davvero effettiva l’autonomia scolastica. Ma stona l’assenza di pensiero sulla suddivisione dei percorsi scolastici. Siamo uno dei pochi Paesi europei in cui le superiori terminano a 19 anni, e la difficoltà delle scuole medie è palese: per questo è forse tempo di pensare a una revisione dei cicli. Se ad esempio si passasse dall’attuale 5 (primaria) + 3 (media) + 5 (superiore) a un 7 (primaria) + 5 (superiore), mediante una riorganizzazione complessiva di programmi e competenze, si potrebbe risparmiare un anno suddividendo meglio gli apprendimenti.

Su ogni riflessione, tuttavia, aleggia lo spettro delle risorse. L’autonomia è fallita a colpi di tagli: ora il Governo stanzia (Legge di stabilità 2014) fondi importanti per l’assunzione di quasi 150.000 docenti precari, ma nel contempo riduce i fondi destinati alle attività autonome (“Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche”). Se gli investimenti sulla scuola serviranno solo ad assumere i precari, si sarà trattato certo di un atto di giustizia; ma le condizioni del sistema rimarranno invariate. Occorre allora che l’impegno sia costante, e soprattutto organizzato: nella scuola autonoma, ogni istituto deve avere entro il 31 agosto la certezza delle risorse che potrà investire per un’efficace programmazione.

Con “La buona scuola” il Governo ha seguito il metodo virtuoso della consultazione: ora è tempo di fare tesoro di queste idee. Sul piano scuola, il ministro Giannini e il premier Renzi si giocano una grande fetta di credibilità politica. La consultazione ha risvegliato la partecipazione, ma anche molte aspettative: è tempo di dare sostanza alla passione di tanti insegnanti, studenti e famiglie che dicono ogni giorno: «La scuola ci sta a cuore».

Roma, 19 novembre 2014

ALLEGATI

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